Robert Falcon Scott

La trágica spedizione al Polo Sud di Robert Falcon Scott

Nell’anno 1900 Robert Falcon Scott aveva 32 anni. Era Nato nel Devon, in Inghilterra. Suo padre era proprietario di una fabbrica di birra i cui proventi avevano permesso di mantenere decorosamente la famiglia. Però, dopo aver venduto la fabbrica, il denaro ricavato dalla vendita era stato investito molto male e ben presto la famiglia si trovò ad affrontare notevoli difficoltà economiche. Pochi anni dopo, ci fu la morte del padre, seguita dalla morte del fratello minore. Questa triste sequenza di morti costrinse Robert a farsi carico con le sue modeste entrate di quello che rimaneva della sua famiglia, sua madre e le sue due sorelle nubili.

Scott aveva fatto una discreta carriera come Ufficiale nella Royal Navy, ed era arrivato al grado di tenente.  Ma ora che si trovava ad affrontare una emergenza economica familiare, diventava imperativo per lui cercare di accelerare la sua carriera di Ufficiale.

Per questo quando viene a sapere che la Royal Geographical Society sta preparando una spedizione in Antartide, Scott si offre volontario. A suo favore può vantare l’esperienza di navigazione nei mari del sud, che a quei tempi era più usuale di quanto lo sia ai nostri giorni. Tuttavia non esisteva il Canale di Panama e le navi per passare dall’Oceano Atlantico al Pacifico, dovevano circumnavigare il continente americano. Quindi Scott conosceva bene le acque particolarmente pericolose di Capo Horn, battute da venti gelidi, con onde altissime e la presenza di numerosi iceberg. Inoltre Scott conosceva molto bene anche le rotte al sud della Nuova Zelanda e del Sudafrica, entrambi territori in cui Gran Bretagna aveva interessi coloniali.

Scott Capitano della spedizione Discovery

Scott riesce ad ottenere l’incarico. Viene nominato comandante della Spedizione Antartica Britannica ed allo scopo ottiene la promozione a Capitano di Fregata. La nave che gli viene messa a disposizione si chiama Discovery, una tre alberi, lunga 52 metri, con propulsione anche a vapore e con lo scafo di legno.

La spedizione, che in seguito fu denominata Spedizione Discovery, era finanziata dalla Royal Geographical Society e dalla Royal Society. Quest’ultima essendo la più importante ed antica società scientifica d’Inghilterra e tra le piu`antiche d’Europa, avrebbe preferito che a capo della spedizione ci fosse uno scientifico invece di un militare. Anche il personale a bordo della Discovery era composto in maggioranza da militari della Royal Navy.

Furono imbarcati anche dei cani e delle slitte, ma poi ci si accorse che nessuno sapeva come utilizzare i cani da slitta. Il 31 Luglio del 1901 la Discovery salpa per l’Antartide ed arriva allo stretto di McMurdo, nell’Isola di Ross, nel Gennaio 1902. I primi 2 mesi vengono dedicati a mappare la costa Antartica, ma poi la Discovery rimane intrappolata nei ghiacci per quasi 18 mesi. In questo periodo in cui la Discovery rimane prigioniera dei ghiacci, Scott si dedica all’esplorazione. Assieme a Ernest Shackleton e Edward Wilson organizza un’esplorazione verso il Polo Sud, ma le condizioni metereologiche avverse e le condizioni di salute di Shackleton, che si ammala di scorbuto, lo costringono a tornare indietro. Pochi mesi dopo, con un miglior equipaggiamento, ci riprova e nel suo cammino verso ovest, scopre l’altopiano antartico

Shackleton, Scott e Wilson di ritorno dall’esplorazione verso il Polo Sud

Il ritorno di Scott in Inghilterra

L’altopiano Antartico è la calotta di ghiaccio che si estende per migliaia di chilometri intorno al Polo Sud, soprattutto nell’Antartide orientale, ad una quota superiore ai 3000 metri sul livello del mare. La zona dell’altopiano è la più fredda del pianeta, in cui si registrano temperature estremamente basse per lunghi periodi, fino a quasi – 80 gradi Celsius. I venti freddi che soffiano permanentemente fanno di questo luogo il più inospitale per ogni forma di vita, compresi i virus ed i batteri. Ma la calotta polare ha una funzione molto importante sul clima del pianeta, già che agisce come un generatore naturale e permanente di aria fredda che contribuisce alla formazione del clima dell’emisfero Sud e di tutta la Terra.

La spedizione raccolse anche molti campioni geologici, e ritrovamenti di interesse biologico e zoologico.

Infine, per liberare la Discovery, accorsero due navi e mediante l’uso di esplosivo, fu possibile liberare la nave dai ghiacci ed intraprendere il viaggio di ritorno.

La Discovery rientra in Inghilterra nel Settembre del 1904. Scott viene accolto come un eroe. La sua impresa ha colpito l’immaginazione popolare. Riceve innumerevoli premi, sia in Patria che in altri paesi. Inoltre viene ulteriormente promosso e diventa Capitano di Marina. Il Re Edoardo VII lo invita a corte e lo nomina Commendatore.

La vita di Scott subisce un cambiamento a 360 gradi. Adesso Scott viene conteso nei salotti buoni d’Europa e si relaziona con personaggi importanti. Dopo il suo rientro in Patria, trascorre quasi 2 anni, viaggiando per il mondo, scrivendo un libro sulla spedizione Discovery, facendo conferenze e coltivando le relazioni pubbliche.

Foto H.R. Mill: La nave Discovery nella Barriera di Ross

Il matrimonio di Scott ed una nuova spedizione

In questo periodo, Scott conosce la sua futura moglie, Kathleen Bruce. Kathleen è una donna molto colta, è una scultrice riconosciuta ed apprezzata, nel cui circolo di conoscenze ci sono artisti noti come Pablo Picasso e Isadora Duncan. Scott si deve impegnare molto per conquistare la sua Kathleen, alla quale non mancano i pretendenti. Infine, dopo molte insistenze, Scott riesce a conquistare la sua amata, con la quale convolerà a nozze nel Settembre del 1908. Ed esattamente una anno dopo, nel Settembre del 1909, nasce il loro unico figlio, Peter Markham Scott.

Ad inizio del 1909, Scott annuncia una nuova spedizione Antartica. In quel momento Scott stava occupando un incarico importante nell’Ammiragliato di Londra. Ma forse questo non lo gratificava sufficientemente.  Le spedizioni polari occupavano la fantasia dell’opinione pubblica di quel tempo e la conquista dei Poli era considerata un’impresa di gran prestigio per le Nazioni interessate.

Le due società che avevano finanziato la spedizione precedente, non sembrano interessate a farlo nuovamente. Quindi Scott comincia una campagna di raccolta fondi presso il suo circuito di contatti e mette annunci sui giornali per raccogliere offerte. Il costo stimato della spedizione era di 40.000 sterline. Scott ottiene un finanziamento dello Stato di 20.000 sterline e le rimanenti 20.000 vengono raccolte con donazioni provenienti da sponsor, sia in denaro sia in natura.  Scott si dedica anima e corpo alla raccolta dei fondi, agli incontri con le imprese sponsor e con i finanziatori privati. La raccolta di fondi prosegue perfino a viaggio iniziato, organizzando eventi in ogni porto visitato nella rotta verso l’Antartide.

Foto: Herbert Ponting – Robert y Kathleen Scott a bordo della nave Terra Nova nel 1910.

La preparazione della nuova spedizione

La somma di 40.000 sterline può sembrare poca cosa, ma se facciamo una comparazione tra i prezzi al consumo di quella epoca con quelli attuali, vediamo che le 40.000 sterline di allora equivalgono oggi a più di 6.000.000 di sterline.

L’investimento più importante che Scott vuole fare è l’acquisto della nave baleniera Terra Nova che ha un costo di 12.500 sterline. Si tratta di una delle navi che andò in soccorso di Scott e della Discovery nella precedente spedizione, aiutandolo a liberarsi dei ghiacci.

L’equipaggio della Terra Nova che viene scelto da Scott è composto da 65 uomini, di cui 50 sono militari. Sono presenti anche degli scienziati molto preparati specializzati in geologia, biologia, fisica, zoologia. Nel gruppo c’è anche un fotografo, Herbert Ponting, che si incaricherà di realizzare servizi fotografici e filmini.

Scott incarica alcuni dei suoi collaboratori di fare acquisti importanti relativi ai trasporti. Manda uno dei suoi uomini in Siberia a comprare cani da slitta e mentre questi si trovava sul posto, gli fa sapere di comprare anche dei cavalli. Però l’incaricato era esperto di cani, ma non sapeva molto di cavalli. Comprò 34 cani e 19 pony e purtroppo questi ultimi non si rivelarono all’altezza del compito.

Scott compra anche delle slitte a motore che pensa utilizzare come mezzo di trasporto alternativo ai cani e cavalli, ma purtroppo non fu una buona idea in quanto poi si dovette constatare che non erano adatte per il clima dell’Antartide perché si congelavano e diventavano inutilizzabili.

Se la prima spedizione di Scott era stata motivata soprattutto da ragioni scientifiche, invece per Scott questa seconda spedizione ha come obiettivo primario la conquista del Polo Sud e lui vuole ardentemente essere il primo uomo a raggiungerlo.

Foto Herbert Ponting – Lawrence Oates si occupa dei cavalli a bordo del Terra Nova

 I contrattempi iniziali

Il Polo Sud è un luogo astratto che non ha niente che lo differenzi da quello che c’è intorno, però la sua latitudine di 90 gradi sud rappresenta qualcosa di simbolico nell’immaginario collettivo. E Scott desiderava fortemente essere ricordato per sempre per aver compiuto questa grande impresa che avrebbe portato grandi onori a lui ed al suo paese.

Ma Scott non era l’unico che ambiva ad arrivare per primo al polo Sud. Quando la Terra Nova arriva in Australia, Scott riceve un telegramma di Amundsen che lo informa di star viaggiando verso il Sud. Un colpo basso per Scott, che quando aveva lasciato l’Inghilterra non aveva messo in conto di dover competere con qualcun altro.

Purtroppo per Scott, i contrattempi iniziano già nel viaggio tra Nuova Zelanda e l’Antartide. Una tempesta li sorprende in mare e la nave viene inondata d’acqua.  Le pompe della Terra Nova non funzionano e l’equipaggio deve smaltire l’acqua con dei secchi. A causa di questo incidente si perdono 2 cavalli, un cane, e due tonnellate di carbone. Pochi giorni dopo la nave rimane intrappolata nei ghiacci per 20 giorni e questo fatto causerà un ritardo sul calendario dei lavori.

Finalmente arrivano all’Isola di Ross. Il piano dei lavori prevede di costruire il campamento che fungerà da base del gruppo.  Allo stesso tempo, alcuni gruppi di lavoro devono costituire dei depositi di viveri e cose di prima necessità nella barriera di Ross, che saranno utilizzati per i rifornimenti della spedizione di ritorno dal Polo Sud.

In quanto alla Terra Nova non sarebbe rimasta in Antartide nel periodo invernale. Sarebbe quindi tornato in Nuova Zelanda per poi fare ritorno nella prossima “estate” antartica.

Foto Herbert Ponting – Scott scrive il suo diario nella capanna di Cape Evans durante l’inverno del 1911

La partenza per il Polo Sud

Per via del tempo perduto per i contrattempi iniziali, Il gruppo entrò un po’ in affanno. Lo stesso Scott, nella fase di creazione del deposito di viveri sulla barriera di Ross, preventivato alla latitudine di 80 gradi, vedendo che i cavalli non ce l’avrebbero fatta, decise di collocare il deposito a una latitudine inferiore di soli 79 gradi e 29’, con uno spostamento di 54km rispetto al punto programmato. Questa decisione non evitò la morte dei cavalli, che morirono comunque sulla strada del ritorno, ma purtroppo fu una decisione che ebbe una conseguenza fatale l’anno dopo, per lui e per chi lo accompagnava.

All’inizio di Settembre 2011 Scott traccia il suo piano e lo comunica alla sua squadra. Il percorso di andata e ritorno misurava un totale di 2842 km. Alla partenza del viaggio si sarebbero presentati 16 uomini, che al raggiungimento di tappe stabilite, sarebbero scalati di 4 uomini che tornavano indietro, fino a che sarebbero rimasti solo in 4 che avrebbero percorso l’ultimo tratto fino al Polo Sud. La durata del viaggio tra andata e ritorno era stimata sui 144 giorni.

Il 24 di Ottobre la squadra che viaggiava con le motoslitte, parte con un carico di viveri ed attrezzature con l’obiettivo di arrivare fino a 80 gradi e 30’S e di rimanere in attesa che l’altra squadra li raggiunga. Ma purtroppo le motoslitte si rompono quasi subito, avendo percorso solo 87 Km. A quel punto gli uomini devono farsi carico di trasportare i 331 kg di bagaglio con le proprie forze, per cui giungono al luogo dell’appuntamento con due settimane di ritardo.

Il gruppo si riunisce e riprende il cammino, ma il mal tempo li costringe varie volte a sostare anche per alcuni giorni, in attesa di poter ripartire.

Foto: Foto Herbert Ponting – Robert Falcon Scott in tenuta polare

La grande delusione al Polo Sud

Uno dei passi più difficili era il ghiacciaio di Beardmore, estremamente pericoloso, pieno di crepacci, e con la sua altitudine di 3000 metri. Impiegarono 11 giorni a scalare il ghiacciaio ed alla fine, il 4 gennaio 1912, arrivati ad una latitudine di 87gradi e 32’S, Scott sceglie quelli che saranno gli uomini che oltre a lui continueranno il cammino fino il Polo Sud: Edward Adrian Wilson, Lawrence Oates, Henry Robertson Bowers y Edgar Evans. Scott in cambio di scegliere 3 uomini come programmato, ne sceglie 4, nonostante le provviste di cibo siano state accuratamente previste per un totale di 4 uomini.

Quindi il gruppo di 5 uomini continua il cammino verso Sud, supera la quota 88 gradi 23’S a cui era arrivato Shackleton 3 anni prima, a soli 180 Km dal Polo Sud. Il 17 gennaio 1912 finalmente raggiungono il Polo e lì incontrarono una tenda con la bandiera Norvegese. Capiscono di essere stati preceduti da Amundsen e la delusione è immensa. Scott scrive nel suo diario “È accaduto il peggio…I norvegesi ci hanno preceduto…Domani rientreremo alla base il più presto possibile”.

Amundsen aveva lasciato alcuni attrezzi ed una lettera per Scott che diceva quanto segue:” Caro Comandante Scott, poiché probabilmente sarete il primo ad arrivare dopo di noi, posso chiedervi di spedire la lettera acclusa a Sua Maestà Haakon VII? Se l’equipaggiamento lasciato nella tenda può esservi utile, non esitate a servirvene. Ai miei migliori saluti unisco l’augurio di un buon ritorno. Sinceramente vostro, Roald Amundsen”

Constatarono che Amundsen era partito 12 giorni prima di loro e che aveva effettuato il viaggio in soli 57 giorni, mentre loro ne avevano impiegati 79.

Foto Lawrence Oates – Scott ed il suo gruppo trovano la tenda con la bandiera norvegese lasciate da Amundsen

Ritorno dal Polo Sud: la tragedia finale

Nel viaggio di ritorno, un mese dopo, il 17 febbraio 1912, il gruppo termina la discesa del ghiacciaio Beardmore. Edgar Evans è caduto varie volte sul ghiaccio, ha riportato vari traumi, è allo stremo delle forze dopo 3 mesi di sforzi inumani ed una alimentazione inadeguata. Muore lo stesso giorno.

Un mese dopo, il 17 Marzo 1912, ritroviamo Scott ed i suoi uomini bloccati da giorni da una intensa tormenta e da una temperatura di -40 gradi a mezzogiorno, che impedisce di avanzare. Le scorte di cibo sono molto scarse, il prossimo deposito di viveri si trova solo a poco più di 17 km, ma il maltempo impedisce loro di muoversi. Lawrence Oates, che soffre molto per via di un piede congelato, esce dalla tenda e dice: “Esco qui fuori e potrei starci per un po’” Si allontana ed il suo corpo non verrà mai ritrovato.

Il 23 Marzo Scott annota sul suo diario: “Il combustibile è esaurito e ci restano solo una o due razioni di viveri. È stato deciso di farla finita naturalmente: partiremo alla volta del deposito, con o senza le attrezzature, o moriremo strada facendo”. Ma gli uomini sono troppo deboli e non riescono neanche a uscire dalla tenda. Il 29 marzo 1912 Scott annota le ultime parole sul suo diario: “Stiamo diventando ovviamente sempre più deboli e la fine non può essere lontana. È un peccato ma non penso che riuscirò a scrivere ancora. Per l’amor di Dio, abbiate cura delle nostre famiglie”.

Foto: Robot8A – Top: Landsat Image Mosaic Of Antarctica – I due differenti percorsi fatti da Scott e da Amundsen

La commozione popolare per la morte di Scott

Otto mesi dopo, nel Novembre dello stesso anno, una squadra di soccorso, ritroverà la tenda con dentro i 3 corpi, il diario di Scott, la camera fotografica, vari campioni geologici, e varie lettere. La tenda in cui si trovano viene ripiegata sui loro corpi, poi viene ricoperta di ghiaccio sul quale viene posta una croce.

Scott amava scrivere ed era dotato di una buona prosa. Quando il suo diario viene reso pubblico, crea una grande emozione e contribuisce a creare il mito eroico del personaggio.

Anche il suo appello finale in cui chiede di prendersi cura delle loro famiglie, ha un grande impatto sull’opinione pubblica. Vengono raccolte 75.000 sterline che vanno a beneficio delle famiglie delle vittime. Alla vedova di Scott, il figlio, la madre e le sorelle, viene corrisposto un totale di 18.000 sterline. Il resto è ripartito alle famiglie delle altre vittime, al pagamento dei debiti residui della spedizione, ai costi della pubblicazione del diario di Scott.

Negli anni successivi furono eretti vari monumenti in memoria di Scott. In particolare, uno di questi è stato scolpito dalla vedova di Scott, Kathleen Scott nel 1915, e si trova nel Porto di Portsmouth.

Foto R. F. Scott – Tomba di Scott, Wilson e Bowers nella Barriera di Ross

2012: Il centenario della spedizione di Scott

Nel 2012, in occasione del centenario dell’arrivo di Robert Falcon Scott al Polo Sud, si sono svolte commemorazioni ed eventi in Inghilterra e nel mondo. Nel corso degli anni, i sentimenti verso l’avventura di Scott, sono andati cambiando. Dopo il primo periodo di commozione si è andato affermando un giudizio più critico, che attribuisce a Scott la responsabilità di alcuni errori dei quali 3 si sarebbero rivelati estremamente pregiudiziali.

  1. Si è molto criticato la scelta di portare anche cavalli siberiani, anziché portare solo cani. In Siberia, ai poni vengono applicate delle racchette alle zampe per camminare nella neve. Invece la spedizione dimenticò le racchette nella base di Evans, per cui i poveri animali, essendo pesanti, affondavano completamente la zampa nella neve e presto crollavano dalla fatica. Inoltre i cavalli sudano molto, ed il sudore diventava una lastra di ghiaccio attaccata al corpo. Ed infine, la razione di cibo che la spedizione doveva portare con sé sulla slitta per nutrire i poni, era molto più pesante e ingombrante della razione di cibo per cani.
  2. Neanche la scelta delle motoslitte, fu azzeccata. Si dice che la causa del cattivo funzionamento delle slitte non fu il freddo, bensì il carburante molto basso in ottani che Scott aveva mandato a comprare.
  3.  Scott ed i suoi uomini non sarebbero morti di fame se avessero collocato il deposito dei viveri nel punto predeterminato alla latitudine di 80 gradi. Se lo avessero fatto, avrebbero avuto abbastanza cibo per attendere che terminasse la tormenta.
Foto: Colin Smith – Statua di Scott nel Porto di Portsmouth scolpita
dalla vedova di Scott, Kathleen Scott nel 1915

Gli esploratori avrebbero necessitato una migliore alimentazione

Ma si sono ascoltati anche dei commenti che deresponsabilizzano Scott ed i suoi uomini.  Secondo la esperta in meteorologia, Susan Solomon, conosciuta per i suoi studi sul buco dell’ozono sopra l’Antartide, nei mesi di febbraio e marzo del 1912, si sarebbero realizzate temperature straordinariamente basse che si sono ripetute solo un’altra volta nello stesso secolo.  Quindi la squadra di Scott veramente aveva incontrato delle difficoltà insuperabili. Invece Amundsen che aveva un mese di vantaggio, è riuscito a compiere la sua missione in una finestra temporale in cui le condizioni atmosferiche erano molto meno estreme.

Si è anche parlato molto dell’alimentazione degli esploratori e di quanto fosse poco adatta al clima estremo ed agli enormi sforzi fisici a cui erano sottoposti.

Secondo i nutrizionisti moderni, l’alimentazione di Scott e dei suoi esploratori avrebbe dovuto comprendere molti più carboidrati ed alimenti con vitamina C. I carboidrati mantengono il livello dello zucchero nel sangue e danno più energia.  Avrebbero dovuto assumere almeno 6000 calorie giornaliere. Invece loro si nutrivano soprattutto di carne di foca e di pinguino ed occasionalmente di roastbeef che avevano portato dall’Inghilterra. E dopo aver trascorso alcuni mesi in Antartide erano sempre più affamati ed ossessionati per il cibo. Ed a causa della mancanza di vitamina C, spesso si ammalavano di scorbuto. Se gli esploratori avessero avuto una corretta alimentazione, sicuramente avrebbero potuto affrontare le loro enormi fatiche in migliori condizioni fisiche e psichiche.