La spedizione Endurance in Antartide

La Spedizione Endurance in Antartide

La Spedizione Endurance in Antartide. Nel 1914, apparve uno strano annuncio sui giornali di Londra. Il testo era il seguente: “Servono uomini per un viaggio pericoloso. Salari bassi, freddo estremo, mesi di buio assoluto, pericolo costante, ritorno incerto. Onori e riconoscimenti in caso di successo”. L’annuncio era di Sir Ernest Schackleton, un noto esploratore polare, che cercava le persone giuste per compiere la prima traversata del continente antartico in slitte trainate da cani. Ben 5000 persone risposero all’annuncio. A quei tempi la gente seguiva con passione le spedizioni polari. I Poli erano le ultime terre rimaste da scoprire e c’era molta concorrenza tra gli esploratori per essere protagonisti di avventure memorabili.

Schackleton non era nuovo a questo tipo di imprese. Già in passato aveva partecipato alla spedizione antartica Discovery, guidata da Robert Falcon Scott, dalla quale dovette tornare anticipatamente per ragioni di salute.  Poi nel 1909, con una propria spedizione, riuscì ad arrivare nel punto più meridionale mai raggiunto dall’uomo, a soli 180 km dal Polo Sud e grazie a questa impresa, fu nominato cavaliere dal re Edoardo VII d’Inghilterra.

Nel 1911, il norvegese Roald Amundsen riuscì raggiungere per primo il Polo Sud, dopo aver percorso più di 1.400 km in condizioni terribili, precedendo di diversi giorni il britannico Robert Falcon Scott.  Essendosi perciò conclusa la competizione per questo importante primato, Schackleton pensò di lanciare una spedizione propria, che chiamò Spedizione Imperiale Trans-Antartica, che aveva lo scopo di attraversare il continente Antartide, da un lato all’altro, tra i 2.500 e i 3.000 km a seconda delle dimensioni della banchisa.

Si mise al lavoro per trovare gli sponsor dell’impresa. Intraprese un largo giro di conferenze in tutto il mondo. Grazie alla sua popolarità, raccolse il denaro sufficiente per organizzare due navi che avrebbero avuto un equipaggio di 28 persone ciascuna.

1913 Le tre stelle polari – Foto Nasjonalbiblioteket from Norway

L’Endurance Parte verso il mare di Weddel

Le navi si chiamavano Endurance e Aurora. L’Endurance era un brigantino di tre alberi ed un fumaiolo in quanto disponeva anche di propulsione a vapore. La spedizione voleva anche stabilire una base scientifica per studiare il clima, la fauna terrestre e marina, e lavori idrografici e geologici. Per questo a bordo c’era anche un meteorologo, un geologo, un medico, un veterinario un fotografo ed altre figure professionali. Inoltre sull’Endurance viaggiavano anche 66 cani da slitta ed alcuni gatti.

L’Endurance lasciò l’Inghilterra nell`Agosto del 2014 e Schackleton la raggiunse quando si trovava a Buenos Aires in quanto si era attardato a Londra, dove aveva incontrato gli ultimi finanziatori della spedizione.

Fecero rotta sulla Georgia del sud e da li, il 5 dicembre del 2014, si inoltrarono nel mare di Weddel, che si trova nel lato orientale della penisola Antartica.

Già nei primi giorni la navigazione si presentò difficile, per via dei blocchi di ghiaccio che galleggiavano sull’acqua. La prua dell’Endurance a volte riusciva ad aprirsi una via, ma la banchisa si faceva sempre più spessa.  La nave evitava i grandi iceberg alti più di 30 metri, ma doveva rallentare e sempre più spesso gli uomini dell’equipaggio dovevano scendere sulla banchisa con picconi e pali di ferro per rompere il ghiaccio. Finché il 19 di gennaio del 2015, l’Endurance rimase completamente bloccata dal ghiaccio. Tutti I tentativi di liberare la nave non avevano avuto successo. Era impossibile rimuovere il ghiaccio che aveva uno spessore di vari metri.

Schackleton a questo punto pensò che sarebbe stato meglio aspettare la stagione meno fredda che avrebbe permesso di liberare l’Endurance dai ghiacci. Però non fu così. Il 24 di febbraio 2015 appariva chiaro che non si sarebbe liberata dai ghiacci e che bisognava aspettare fino alla prossima primavera.

Endurance in Antartide
Endurance in Antartide

La banchisa stritola l’Endurance

Schackleton decise di convertire la nave in un rifugio invernale. Il pack in cui la nave era bloccata era di dimensioni immense. Nei mesi seguenti i movimenti dei ghiacci cominciarono a stritolare l’Endurance sfondando lo scafo, e la nave cominciò a imbarcare acqua.

Si decise l’abbandono della nave e si creò un accampamento sulla banchisa. Le 3 scialuppe di salvataggio dell’Endurance furono recuperate. La nave ogni giorno sprofondava un po’ di più, finché il giorno 21 di Novembre del 2015 l’Endurance sprofondò completamente e scomparve alla vista.

La situazione dell’equipaggio dell’Endurance non era per niente buona. Si trovavano su una banchisa di ghiaccio alla deriva nel mar di Weddel. Il cibo cominciava a scarseggiare e le condizioni di sopravvivenza erano estreme. Le raffiche di vento a 160 km l’ora e la temperatura che poteva scendere fino a meno 35 gradi rendevano le condizioni di vita estremamente insopportabili. Le scorte di cibo si assottigliavano e anche le scorte di carbone con cui si scaldavano e trasformavano il ghiaccio in acqua potabile, si stava esaurendo. L’unico cibo alternativo disponibile proveniva dalle foche e dai pinguini che si riusciva a catturare.

La banchisa si trovava a circa 100 km da dall’isola Paulet. Schackleton pensava di poterla raggiungere camminando sulla banchisa, ma la formazione molto irregolare del ghiaccio non permetteva di transitare. Finché finalmente il 09 di aprile 2015 il ghiaccio si ruppe e poterono mettere a mare le 3 scialuppe. Navigarono verso nord, in 7 giorni di navigazione percorsero 750 Km ed arrivarono all’Isola dell’Elefante. Si tratta di un’isola disabitata, lontana dalle rotte di navigazione, ma per lo meno, ora si trovavano per la prima volta dopo 497 giorni sulla terra ferma, anziché su una banchisa di ghiaccio alla deriva.

L’Endurance affonda lentamente – Foto Royal Geographic Society

L’Odissea per arrivare alla Georgia del Sud

Dopo qualche giorno di riposo, Schackleton decise di organizzare un’operazione di salvataggio che probabilmente è stata una delle più grandi imprese nautiche di tutti i tempi: partire con una scialuppa e raggiungere la Georgia del Sud per chiedere aiuto.

Cominciarono i lavori per condizionare la scialuppa della lunghezza di 6 metri, su cui avrebbe viaggiato Schackleton insieme al suo primo Ufficiale, il falegname e 3 marinai esperti. Si preparò il cibo che avrebbero consumato durante il viaggio, costituito soprattutto da carne di pinguino. Il falegname fece alcuni cambi alla scialuppa, rialzando i bordi e costruendo una copertura sotto la quale trovare riparo dal vento e dall’acqua. La distanza da coprire dall’isola Elefante e la Georgia del Sud era di ben 1300 km in un tratto di mare tra più agitati del mondo, dove i venti possono raggiungere i 300 km/h e le onde sono alte oltre 20 metri.

Salparono il 24 di Aprile e, grazie alla grande capacità nell’uso del sestante del Primo Ufficiale, l’8 Maggio avvistarono l’Isola di San Pedro della Georgia del Sud, ma i forti venti impedirono alla barca di avvicinarsi all’isola, pena il rischio di schiantarsi sulle rocce. Passarono due giorni e due notti orribili tra i marosi in attesa che la tempesta si calmasse, e finalmente poterono sbarcare su una spiaggia deserta nel versante sud dell’isola, sull’orlo di una crisi di nervi. Ma purtroppo quel lato dell’isola era deserto ed il centro baleniero in cui Schackleton pensava di chiedere aiuto, si trovava sul lato nord dell’isola.

Non potendo più utilizzare la barca che era stata danneggiata da due giorni e due notti di tempesta, Schackleton decise di percorrere a piedi i quasi 50 km di montagne e ghiacciai che attraversavano l’isola, per arrivare all’altro versante. Era un percorso estremamente difficile e che nessuno aveva mai fatto.

La partenza per la Georgia del Sud – Foto Frank Hurley

La scalata tra i ghiacciai della Georgia del Sud

Tre marinai rimasero sulla spiaggia mentre gli altri due accompagnarono Schackleton nell’impresa. Si incamminarono ad attraversare le montagne, senza equipaggiamento adeguato, senza addestramento alpino e senza mappa per attraversare l’isola e raggiungere la stazione baleniera. 

Incredibilmente, In 36 ore riuscirono a percorrere gli accidentati e pericolosi 50 km di distanza che li separavano dal centro baleniero.

Quando Schackleton si presento`di fronte al capo del centro baleniero, questi non poteva credere ai suoi occhi. La storia della spedizione di Schackleton era molto nota ma l’opinione comune era che lui ed i suoi uomini fossero morti.

Shackleton mandò a prendere i 3 uomini che erano rimasti sull’altra lato dell’isola e si mise al lavoro per organizzare il salvataggio di quelli rimasti sull’Isola dell’Elefante. Quest’ultimo salvataggio non fu tanto semplice per via del ghiaccio che impediva l’accesso all’isola, per ben 3 volte non fu possibile avvicinarsi. Quindi Shackleton chiese aiuto al Governo cileno che mandò una nave speciale detta escampavía in servizio nella Marina Cilena, accompagnata da una nave baleniera britannica. Finalmente, il 30 agosto 1916, quando si avvicinarono all’isola dell’Elefante, Shackleton saltò sulla lancia che si dirigeva alla costa e cominciò a contare le figure che accorrevano sulla spiaggia e si mise a gridare: “Ci sono tutti! ci sono tutti!” Infatti tutti erano miracolosamente sopravvissuti, non ci furono perdite tra l’equipaggio.

La nave cilena accompagnò Shackleton ed il suo gruppo alla città di Punta Arenas. Ma per Shackleton non era ancora tutto finito. Era venuto a saper che l’altra nave della spedizione, il piroscafo Aurora, aveva avuto dei seri problemi. L’Aurora, con base in Australia, aveva il compito di attraccare dall’altra parte del continente antartico, nello stretto di McMurdo, per creare punti di rifornimento nella seconda metà della traversata.

Anche l’Aurora viene catturata dai ghiacci

Un giorno di forte tempesta in cui la nave era ancorata nella base di Capo Evans, nell’isola di Ross, fu strappata dal suo ormeggio e spinta al largo dove rimase intrappolata in mezzo ai ghiacci. In quel momento sulla nave si trovavano soltanto 18 membri dell’equipaggio mentre gli altri 10 erano a terra. La maggioranza delle provviste e del combustile si trovava sulla nave, ma per quelli rimasti a terra, per fortuna c’erano le provviste che si sarebbero dovute immagazzinare nel percorso della traversata.

L’Aurora, dopo essere stata alla deriva tra i ghiacci per oltre 2600 km, riuscì a liberarsi e seppur in cattive condizioni, finalmente raggiunse Nuova Zelanda. Schackleton viaggiò quindi a Nuova Zelanda, fece riparare l’Aurora, ed organizzò il salvataggio dei 10 membri dell’equipaggio rimasti sull’isola di Ross.

Il 10 gennaio 1917 Schackleton sull’Aurora arriva a Capo Evans. Trovarono solo 7 dei 10 componenti dell’equipaggio. Il cappellano che era anche il fotografo dell’Aurora era morto cadendo in un crepaccio nel ghiaccio. Altri due membri dell’equipaggio, si erano allontanati dal campo, quando una tempesta di neve li sorprese, e di loro non si seppe più nulla.

Si concludeva così la Spedizione Imperiale Transartartica. Gli uomini dell’equipaggio erano stati isolati per 3 anni e solo allora vennero a sapere che in Europa era scoppiata la prima guerra mondiale. Al ritorno in Patria, le notizie della guerra primeggiavano sui giornali, ragion per cui i reduci della spedizione, non ricevettero molte attenzioni. La maggior parte, compreso Shackleton, entrarono nell’esercito, e 3 di loro morirono in guerra.

La morte coglie Schackleton all’inizio di una nuova avventura

L’odissea dell’Endurance è rimasta così mitica perché questa avventura è stata immortalata dal fotografo australiano Franck Hurley che era fotografo di bordo dell’Endurance. Hurley lascerà centinaia di fotografie, alcune del tutto eccezionali, che ci permettono quasi di rivivere la spedizione. Nel corso degli anni l’avventura dell’Endurance ha ispirato decine di libri e una serie televisiva.

Al termine della guerra, Schackleton organizzò un’altra spedizione antartica, con la nave Quest. Ma purtroppo morì all’improvviso di infarto, mentre la nave era ormeggiata in Georgia del Sud, il 5 gennaio 1922, a soli 47 anni. Secondo le istruzioni della moglie di Schackleton, fu sepolto in Georgia de Sud, dove ancora oggi è possibile visitare la sua tomba.

Tomba di Shackleton in Georgia del Sud – Foto di Lexaxis7

Reinhold Messner ripercorre il tragitto di Schackleton

Nell’anno 2000, tre dei più noti scalatori del mondo, vollero ripercorrere la traversata a piedi dell’Isola di San Pedro nella Georgia del Sud, in cui era sbarcato Shackleton. Reinhold Messner, Steven Venables e Conrad Anker si sono fatti portare sulla stessa spiaggia su cui era sbarcato Schackleton con i suoi marinai.

Secondo Messner la traversata ha un vero valore alpinistico in quanto dovettero superare 4 passi tra i 1000 e 2000 metri, in mezzo a ghiacciai pericolosi e orribili crepacci. Incredibile è anche il fatto che siano riusciti nell’impresa in sole 36 ore. Se si fossero fermati, sarebbero morti di freddo. Invece Messner ed i suoi due compagni hanno attraversato la catena montuosa in 3 giorni, bivaccando in quota e nutrendosi correttamente. Inoltre l’impresa di Schackleton e dei suoi compagni assume ancora più valore sapendo che non persero l’orientamento, e nonostante avessero solo stivali di cuoio e nessuna attrezzatura specifica, riuscirono ad arrivare a destinazione.  

Reinhold Messner – Foto Ptolusque, Wikimedia Commons

2022: Ritrovato il relitto dell’Endurance

Nel mese di Marzo del 2022 è stato localizzato il relitto dell’Endurance, il tre alberi di circa 44 metri, che affondò dopo essere stato stritolato dai ghiacci dell’Antartide. Il ritrovamento è stato effettuato dalla spedizione Endurance22, finanziata dal Falklands Maritime Heritage Trust, il quale avrebbe ricevuto una donazione anonima di 10 milioni di Euro per ritrovare l’Endurance.  Dopo un tentativo fallito nel 2019, l’archeologo britannico Mensun Bound ha finalmente localizzato il famoso brigantino, grazie alle coordinate che aveva lasciato il Primo Ufficiale della spedizione. L’Endurance è stato trovato a soli 7,5 Km di distanza dal punto indicato e si pensa che la differenza di posizione si debba al di calcolo delle coordinate praticato in quei tempi che avrebbe sottostimato la deriva della banchisa.

Il relitto si trova alla profondità di 3008 metri e si trova in perfetto stato di conservazione. Non sarà portato alla superficie, al contrario sarà vigilato e non è permesso toccare o prendere oggetti dal relitto.

Relitto dell’Endurance ritrovato a 3000 metri di profondità